Metodologia Esclusiva di Consulenza Psicologica
L’Autonomia Emotiva come Consulenza Psicologica
Per ogni paziente è necessario adottare uno sguardo unico e singolare che riesca a captare i bisogni individuali, tramite cui saranno stabiliti gli strumenti e gli approcci più adeguati per ogni situazione.
Pertanto, a partire dalla mia esperienza di terapeuta cognitivo-comportamentale, ho sviluppato una metodologia specifica attraverso una pratica integrativa. La metodologia dell’Autonomia Emotiva ha il proposito di utilizzare gli approcci e gli strumenti più avanzati della psicologia clinica in modo integrato con l’intento di ottimizzare il trattamento psicologico.
Lavoriamo con il riconoscimento delle emozioni e di ciò che causa la sofferenza, la cura di sé, il riempimento emotivo, l’atto di rendersi responsabili per le proprie emozioni e anche per l’accettazione delle situazioni, identificando ciò che può essere modificato dal paziente rendendolo così protagonista dei cambiamenti della sua vita.
Con l’Autonomia Emotiva, il paziente ha la possibilità di conoscere gli strumenti per dare avvio a un processo di trasformazione di ciò che desidera cambiare nella sua vita.
L’autonomia emotiva apre nuove possibilità riguardanti il modo in cui si gestiscono le situazioni quotidiane, oltre a lavorare sul senso di responsabilità individuale dinanzi alle emozioni con l’obiettivo di sviluppare maggior consapevolezza, autonomia e benessere.
Ogni sessione diventa dunque molto più che una consulenza psicologica e certamente un’esperienza premium di nutrimento e sviluppo della stabilità emotiva.
Per saperne di più sull’Autonomia Emotiva
Sviluppata a partire da anni di pratica clinica e basata su approcci scientificamente comprovati, oltre all’esperienza con la pratica della mindfulness e al contatto col Buddismo, è sorta una metodologia specifica di consulenza: l’Autonomia Emotiva.
Questa metodologia è descritta in 5 atti, ovvero:
Prendere coscienza
Prendere coscienza è l'inizio di un percorso di cambiamento. Partendo da interrogativi-chiave ben posti, il paziente diventa in grado di identificare se sta soffrendo, quale sarebbe l’origine e in che modo si sente responsabile o meno per ciò che sente.
I principali interrogativi di questo momento iniziale sono:
- Riconosco che sto soffrendo?
- Qual è la natura della mia sofferenza e da dove viene?
- Sto vedendo la mia sofferenza soltanto al di fuori di me stesso, senza assumermi nessuna responsabilità per ciò che sto sentendo?
- Sono disposto a responsabilizzarmi per quegli aspetti della mia vita che mi portano sofferenza?
Soltanto io posso cambiare gli aspetti che riconosco essere atteggiamenti miei e sotto la mia responsabilità.
Psicoeducazione di base: In questo primo atto, impariamo a identificare ciò che stiamo sentendo e quali sono i nostri pensieri rispetto alla situazione.
Ciò che riguarda me e ciò che riguarda l’altro: Imparare a distinguere ciò che riguarda me da ciò che riguarda l’altro è l’abilità principale da sviluppare nel 1º Atto.
Ricerca dell’approvazione altrui: Man mano che imparo a identificare meglio quali pensieri riflettono la mia prospettiva, inizio a identificare ciò che motiva le mie azioni. Sto facendo questo perché lo voglio davvero o lo sto facendo perché cerco l’approvazione dell’altro?
Una delle cause principali del sentimento cronico di vuoto è cercare in modo cronico l’approvazione altrui come forma di riempimento. “Chi è vuoto emotivamente, cerca di riempirsi al di fuori di sé stesso”.
Assumersi la responsabilità per il benessere dell’altro è generalmente la grande trappola in questo processo di conoscenza di sé. Molte volte riteniamo che il nostro benessere esista soltanto quando stiamo soddisfacendo lo sguardo di un’altra persona al di fuori di noi stessi.
La chiarezza comincia soltanto ad apparire quando iniziamo a svincolarci dalle reti in cui la responsabilità per il benessere dell’altro ci ha intrappolato. Ciò succede quando inizio ad assumermi la responsabilità per i miei propri pensieri, cioè quando mi do il diritto di essere il soggetto dei miei pensieri.
Assumermi la responsabilità delle mie emozioni
Imparare a identificare che sono al di fuori di me e ritrovare il focus è l’obiettivo principale del 2º Atto. Ciò coinvolge lo sviluppo della metacognizione, cioè la capacità di guardare ai propri pensieri ed emozioni con una certa distanza.
La chiarezza mentale sorge quando inizio a cambiare il focus del benessere dall’altro al mio proprio benessere, smettendo di cercare costantemente l’approvazione altrui. È solo così che può sorgere la responsabilità genuina verso i miei pensieri, che equivale a risvegliare il mio centro di riferimento emotivo interno.
Mentre cerco l’approvazione dell’altro, non riesco a muovermi e devo sempre guardare al di fuori e chiedermi: è giusto? È proprio così che si fa? Questo vuol dire cercare l’approvazione dell’altro.
Finiamo con l’essere così condizionati a cercare un feedback o un’approvazione esterna che quando non li riceviamo abbiamo la sensazione di essere confusi e di non sapere cosa fare o come agire. Ciò avviene quando ci abituiamo a cercare l’amore nei posti sbagliati.
Cosa vuol dire cercare l’amore nei posti sbagliati? Cercare l’amore in qualunque altro posto che non sia innanzitutto in te stesso. All’inizio può sembrare un atteggiamento estremamente radicale. Ogni qualvolta che il mio senso di amor proprio dipende dall’approvazione di un’altra persona, sto preparando il terreno per posture di insicurezza e vulnerabilità.
Quando devo provare il mio valore con un atteggiamento esterno, mi metto in una situazione in cui condiziono l’affetto e il riempimento emotivo possibili per me stesso.
Quando creiamo un centro emotivo con maggior stabilità e riempimento, le situazioni esterne hanno un impatto emotivo ridotto. I grilletti che esse attivano non richiedono che questo nucleo debba essere ridefinito in continuazione dovuto all’esterno, ciò che si chiama resilienza.
La maggior parte delle persone mette in gioco il suo amor proprio ad ogni interazione con l’ambiente circostante, volendo provare ad ogni nuova situazione il proprio senso di integrità e valore. Ma ciò genera molta ansia, dato che si stabilisce un’equazione mentale del tipo: se ho questo e quello, il mio valore personale è garantito. Dinanzi a chi?
Nel momento in cui ci assumiamo la responsabilità per le nostre azioni e pensieri, possiamo cambiarli.
E il modo in cui ci si sente inizia ad essere influenzato dal fatto di essere disposti ad assumersi la responsabilità per chi si è. L’emotivo è il combustibile che muove tutto l’ingranaggio. Quando si è “on fire” e si riconosce il proprio valore è evidente nelle azioni che ne derivano. La fiducia in sé inizia a sorgere.
Le risorse che abbiamo a disposizione a livello cognitivo sono direttamente collegate al mio stato emotivo. Il 2º Atto riguarda la capacità di percepire se il focus è su di me o al di fuori, alla ricerca dell’approvazione altrui. Imparare a fortificare il mio focus mentale mi inizia a far capire ciò che mi davvero mi fa bene, e ciò che invece sto facendo soltanto per non disturbare gli altri. Comincio ad appropriarmi di ciò che realmente mi muove a partire da questo 2º Atto.
Riempimento emotivo
Siamo mossi dal nostro emotivo, che ne siamo o no consapevoli. Qualunque cosa facciamo, la facciamo perché crediamo istintivamente che ci farà sentirà meglio.
Molte volte non mettiamo in discussione questo meccanismo automatico della nostra mente e continuiamo col pilota automatico. Tuttavia, la nostra mente è frequentemente confusa riguardo a dove cercare questo riempimento e lo cerca al di fuori di noi.
Quando cerco l’approvazione degli altri inizio a creare una trappola mentale che mi lascia sempre vuoto, perché spero che l’altro mi dia ciò che io stesso dovrei sentire. Ma quando penso a partire da me stesso, provo una sensazione di riempimento emotivo più consistente.
Il 3º Atto comincia ad associare i miei pensieri a ciò che sto sentendo consistentemente. Man mano che scopro quello che mi riempie emotivamente, entro in contatto in modo viscerale con ciò che mi muove davvero: i miei valori. Via via che percepisco di avere il controllo su questo, inizio a sviluppare una nozione salutare di integrità emotiva, di rispetto di sé e di amor proprio, che è la base della salute mentale ed emotiva.
Resistere vs. Accettare (Meccanismi del funzionamento cognitivo)
Man mano che imparo dalla mia esperienza emotiva ciò che davvero mi riempie, si apre la possibilità di disfare atteggiamenti di autosabotaggio molto radicati a causa di condizionamenti precedenti sorti perché ero confuso su ciò che realmente mi muove.
Resistenza: La sofferenza mentale sorge ogni qualvolta che vi è un livello di resistenza emotivo, quando funziono in base alla resistenza lotto continuamente contro ciò che non voglio. Non vi è pace quando la mente si trova sempre in questo stato. Resistere alla sofferenza fa in modo che essa sia proiettata nelle situazioni e persone, dando vita a “safety behaviors” (comportamenti di sicurezza) per contenere la perturbazione che la resistenza provoca. L’essenza di ogni sofferenza mentale inizia sempre da una resistenza.
Accettazione: Quando imparo ad accettare una situazione, lascio andare la corda che io stesso sto trattenendo e la sofferenza psichica derivante dal mantenere la tensione inizia a diminuire. Quando accetto ciò, libero la mia mente per cominciare a guardare in modo creativo (e non reattivo) verso ciò che voglio davvero a partire dall’accettazione della situazione, invece di usare tutta la mia energia per negare e lottarci contro. L’accettazione genererà sempre chiarezza nonché nuovi punti di vista associati maggiormente a ciò che desidero davvero.
Vivere a partire da sé (Value-based living)
Via via che imparo ad accettare ciò che mi muove realmente in ogni situazione, divento capace di rispondere senza tanta resistenza/sofferenza e riesco inoltre ad accettare ciò che sono, a cambiare e a vivere usando ciò che davvero mi muove come bussola delle mie decisioni.
La salute mentale deriva dal mettere in pratica quello che la mia traiettoria ed esperienza hanno forgiato come valori. Più me ne approprio, e più sto vivendo a partire da me stesso.